Quando penso a come sia mutata la mente tramite la meditazione, mi accorgo che è un modo incredibile di affacciarsi verso la propria mente, di conoscersi profondamente e che tutto quello che sorge dal silenzio della stessa sia meravigliosamente semplice e fondamentale per il proprio benessere.

Non ci sono proiezioni, aspettative, giudizi, implicazioni, cose da fare, da rincorrere, l’avvicendarsi di preoccupazioni, ansie, problemi, doveri ma anche piaceri e tutto ciò che può sorgere entro questi confini, se così li possiamo definire, della nostra mente.

Perchè sì, di confini ben precisi per la nostra mente non li possiamo mettere. Magari pensiamo che la mente abbia una forma ben precisa, che corrisponde con i nostri pensieri ed emozioni, ma questa è una definizione e giudizio derivante da una mente ordinaria che non si è mai messa veramente a guardare sè stessa con interesse, con introspezione e investigazione.Una mente che ha avuto modo di investigare su di sè, scopre diverse qualità. Ad esempio tra le prime qualità che scorgiamo ci sono: avversione e attaccamento. Successivamente abbiamo l’ignoranza, che fa da base a questi continui processi mentali.

Quando scorgiamo l’avversione e l’attaccamento ci rendiamo conto che queste due qualità appesantiscono la mente. Nonostante il piacevole e nonostante lo spiacevole, quello che sorge nei meandri della consapevolezza sono queste cose difficili da gestire, che all’inizio possono sembrare belle, affascinanti o brutte e cattive, ma sta di fatto che la mente rimane intrappolata in quella condizione. Cosicchè il praticante, che si accorge di ciò, si disinteressa non tanto delle attività quotidiane, ma dell’attaccamento e dell’avversione.

Cioè vive il piacevole e lo spiacevole senza aggiungere (o provando a non aggiungere 🙂 ) queste due qualità. Facendo questo sorge una qualità di equanimità, come se fosse una conseguenza diretta di tutto ciò. E l’equanimità, vista più e più volte è corroborante e propedeutica alla fiducia. Fiducia nella pratica.

Cosicchè che il praticante si accorge che la mente non è recintata dentro un confine ben preciso, ma è dinamica, in continuo movimento e che ha una forma non ben definibile. E più ci si immerge in una comtemplazione verso la mente stessa, più ci si accorge di come tutto ciò che sorge è un’illusione, intrinsicamente non esistente. E lo spazio della mente pare essere ancora più profondo.

Addentrarsi sempre di più ci si scopre sempre più aperti a ciò che sorge: un pensiero non rappresenta il 100% dell’esperienza, così come un’emozione. Sono parti della mente che sorgono, arrivano ad un apice e quindi si dissolvono sempre all’interno della mente stessa.

E sperimentando questo più e più volte, il praticante si ritroverà a vivere e riconoscere emozioni e pensieri come impermanenti, qualcosa di effimero e che quindi non ci si appollaierà sopra facendoci la guardia, ma li lascerà transitare dentro questo spazio che diventa sempre più familiare e piacevole da ritrovare in ogni momento della giornata.